Argomenti di discussione in questi mesi, ma che già nel tredicesimo secolo impazzavano nel comprensorio folignate e sfociavano in accese diatribe, ben meno cavalleresche dei botta e risposta mediatici di oggi.
Tutto questo e altro ancora viene raccontato in un libro pubblicato nel 1942, ma che si basa su documenti molto più antichi raccolti dal bibliotecario comunale Angelo Messini (atti notarili datati addirittura 1200), intitolato
"Il fiume Topino e la bonifica idraulica attraverso i secoli."Una vera chicca che in questi giorni di dibattito riesce a fornire una visione globale del corso d'acqua e del suo "comportamento".
Sfogliando i numerosi capitoli si viene a conoscenza innanzitutto di un profondo rispetto verso il Topino, rispetto spesso dettato dal timore che incuteva il letto del fiume.
Insomma, la paura delle piene a Foligno è sempre esistita fin dal medioevo: una vecchia carta presa dall'opera "Fulginia" di Giovanni Dominaci mostra come fino al 1250 il corso del Topino si infilasse tra le mura passando nel centro storico, per poi essere deviato nell'attuale percorso nell'anno 1254.
Un capitolo del volume, al suo interno ripresi gli studi del concittadino Antonio Rutili Gentili, è riservato esclusivamente alle piene dei secoli scorsi:
"alla poca sapienza degli uomini si aggiunse, ad aggravare i danni, l'opera della natura - si legge - rovinosissime piene del Topino ed affluenti si verificarono nel 1827, 1829, 1833 e soprattutto nel 1836.L'alluvione avvenne nella notte del 18 settembre:
Quest'ultima fu la più disastrosa, abbiamo le prove di una supplica giunta al santo Padre Gregorio XVI da parte del Gonfaloniere di Foligno per chiedere soccorsi."
"Gran parte del piano rimase sommersa e ricoperta di macerie e fango - prosegue il racconto storico - alberi divelti, raccolti distrutti, bestiame ucciso.La tragedia colpì Rutili a tal punto che dedicò buona parte dell'esistenza a mettere per iscritto studi scientifici di idraulica, dando risalto alle conseguenze delle alluvioni sotto il profilo economico, fino ad avere accesso a finanziamenti pubblici per lavori di livellazione del fiume da lui personalmente portati avanti e dal costo totale di 96 mila Scudi.
La stessa città fu allagata e andarono distrutte le provviste e le masserizie raccolte nelle cantine e nei magazzini situati sotto il livello stradale.
I molini nei pressi dell'alveo del fiume subirono ingenti danni."
Uno dei ponti maggiormente sistemati dai lavori intrapresi dal Consorzio Idraulico del fiume Topino, nato in città nel 1842, fu proprio quello di Viale Firenze, detto di San Giacomo, oggi al centro della polemica su un suo ipotetico abbattimento.
"In corrispondenza di tale ponte l'alveo del Topino era diviso in due rami, con la sistemazione adottata furono utilizzate le pile del vecchio ponte e vennero ricostruite ex-novo tutte le arcate."La storia sembra oggi ripetersi, dal testo si viene a conoscenza addirittura di una "quasi guerra" sfociata tra spellani e folignati per il percorso della Chiona deviato dai primi a metà del 1500.
Oggi non siamo naturalmente a questi livelli. Il partito dei contrari all'abbattimento dei ponti è superiore ai favorevoli, ma dare un'occhiata alla storia non guasta certo.
Il livello del fiume Topino dei giorni nostri potrebbe indurre a tranquillità per il futuro, ma la ricorrenza delle piene cinquantennali - duecentennali rimane una costante della nostra storia.
Tra il 1836 e il 2036 corrono esattamente duecento anni.
Stefano Andriola
dal Corriere dell'Umbria Giovedì 9 Ottobre 2008
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