mercoledì 23 luglio 2008

La palude di Colfiorito

La palude di Colfiorito è ancora oggi un mosaico ricco di acque libere, prati, boscaglie riparali e canneto.
Il loro insieme determina la funzionalità delle specie e la conservazione delle biodiversità, ma tra i vari elementi il canneto rappresenta l'area maggiore del terreno palustre odierno. Come intervenire su di esso, considerando che non viene toccato da quasi venti anni?
Il primo passo ormai è fatto: con l'obiettivo di individuare la migliore struttura paesaggistica ed ecologica possibile, il Parco Regionale di Colfiorito di Foligno, presieduto dal Presidente Sergio Gentili, ha affidato l'incarico di sviluppare un piano di gestione della cosiddetta "cannuccia di palude".
Coordinatori della ricerca sono il professor Pierangelo Luporini (Dipartimento di Biologia Molecolare, Cellulare ed Animale) per quanto riguarda gli aspetti faunistici ed il dottor Andrea Catorci (Dipartimento di Scienze Ambientali) per quelli floristici e vegetazionali. Già attuata la fase preliminare del progetto.
Tra i suoi obiettivi quello di analizzare le modificazioni storiche della copertura vegetale della Palude di Colfiorito, dal dopoguerra fino ad oggi, in relazione ai popolamenti della fauna.
Fondamentale rimane capire la traspirazione potenziale del canneto: chiaro infatti che se la canna assorbe più acqua rispetto anche alla semplice evaporazione dovuta al sole, la necessità di intervenire sul canneto aumenta.
La fase preliminare è dunque stata accurata, ma questo non è che il primo dei passi.
Gli studi sul canneto saranno naturalmente partecipati con i soggetti interessati tra cui cittadini, Comunità Montana ed istituzioni.
Alla fase già attuata dovranno seguire successivamente quella di predisposizione e di realizzazione del progetto con definizione cartografica degli eventuali siti, delle tecniche e dei tempi di intervento.
Adesso insomma occorre trovare prima i fondi per il progetto esecutivo e, in seguito, quelli per la realizzazione pratica dell'intervento.
In questi ultimi anni i naturali processi di interramento dei corpi idrici e quelli socio - economici di abbandono della pratica del taglio delle canne (anni indietro venivano addirittura bruciate) hanno portato ad una rapida espansione del canneto che tende progressivamente ad aumentare, interessando le acque con profondità non superiore ai 150 - 170 centimetri.
Proprio per questo e' importante capire quanta acqua la canna aspira per intervenire sul problema siccità.
A differenza del sole e della naturale evaporazione, qui infatti l'uomo è in grado di intervenire.
Capire ad esempio se il taglio debba essere superficiale o andare in profondità. "L'intervento si organizza all'interno della riqualificazione della Palude, nell'ambito dell'accordo di Programma Quadro tra Stato e Regione Umbria - spiega il Presidente dell'Ente Parco Sergio Gentili - lo studio preliminare è cosa fatta, ma ora occorre il contributo di tutti i soggetti preposti. Non bisogna lasciare infatti che i tempi si allunghino".

Stefano Andriola dal Corriere dell'Umbria

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