Un dettaglio che conferma come la città possa mettere in vetrina tesori che spaziano dal periodo romano al medioevo, dal Rinascimento al Barocco, dall'Ottocento all'arte contemporanea, e questo ulteriore ritrovamento oggi perfettamente fruibile palesa una volta di più come il centro storico continui a riservare sorprese.
"Sant' Agostino è uno scrigno prezioso di dipinti che ci parla di un periodo fecondo della storia di Foligno", sottolinea monsignor Giuseppe Bertini, cappellano del santuario. Tutto è cominciato quando si è messa mano all'ultima consistente ristrutturazione della chiesa di piazza Garibaldi e nelle intercapedini tra i vecchi muri medievali ed i nuovi barocchi, sono saltate fuori tracce di affreschi trecenteschi e residuali decorazioni a stucco di carattere manieristico.
Infatti il grandioso complesso al quale era annesso anche il convento distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stato edificato nella seconda meta del XIII secolo e poi ristrutturato tra gli anni Venti e Cinquanta del Settecento, tanto da avere una chiesa all'interno di un' altra chiesa. Durante i lavori recenti è stato possibile rimuovere una parte delle innovazioni settecentesche facendo tornare visibile la cappella gotica con l'impianto duecentesco della chiesa conventuale, e quella che era una finestra esterna ma oggi chiusa. I particolari più interessanti sono gli affreschi:
In particolare un affresco è di grande interesse e il restauro ora lo esalta: è quello che racconta la vicenda dei tre vivi e dei tre morti del XIII secolo."La chiesa di Sant'Agostino è ancora ricchissima di cicli medievali tenuti segreti dalle mura settecentesche - ci spiega Giordana Benazzi, storica dell'arte - la demolizione casuale della fodera del '700 ha permesso di scoprire che l'involucro esterno è pieno di ciò (dove c'è l'urna del secolo XVII del predicatore e poeta francescano morto nel 1377), con gli affreschi di Sant'Antonio, prima sconosciuto, e di un santo agostiniano che monsignor Giuseppe Bertini ipotizza potrebbe essere il martire San Liberato.
L'unico punto rimasto fuori dal rivestimento è la cappella di Santa Caterina. Il restauro promosso da don Giuseppe Bertini ha permesso di rendere ancor più apprezzabili questi affreschi, che sono da studiare. Le murature sono tardo-duecentesche mentre le pitture sono realizzate in due momenti diversi: le prime all'inizio del Trecento mentre le altre sono tardo-gotiche. Non sembrano comunque affreschi locali - aggiunge Giordana Benazzi - ma marcatamente di scuola toscana. E questa che si vede è l'unica cappella residua di una veste trecentesca che doveva prevedere molte più cappelle lungo la navata."
"Una bellissima iconografia che non ricorre molto frequentemente - sottolinea la Benazzi - è la storia di tre cavalieri attratti dalla vita mondana, ma che incontrano tre persone trapassate che li richiamano alla caducità della vita."
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